Dare nuova vita agli scarti: Il filamento in acetato di cellulosa

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Il concetto alla base di Zestep trae ispirazione dalla parola “zest”, che si riferisce alle scorze degli agrumi. Invece di considerare gli scarti industriali di acetato di cellulosa come rifiuti da eliminare, Zestep li trasforma in una risorsa preziosa per la stampa 3D. Questo progetto incarna la missione di valorizzare gli scarti colorati che, altrimenti, andrebbero a gravare sull’ambiente come un peso insostenibile.

L’iniziativa prende vita grazie alla ricerca di Leonardo Cavalluzzi, un giovane designer di occhiali che si è dedicato a esplorare le fonti di spreco nel settore dell’occhialeria, con l’obiettivo di proporre soluzioni in grado di ridurre l’impatto ambientale dell’intera industria.

La causa principale di inquinamento ambientale in questo contesto è rappresentata dagli scarti di acetato di cellulosa. Perfino una fabbrica di dimensioni medio-piccole genera, nel giro di pochi giorni, quantità considerevoli di scarti derivanti dai tagli delle lastre utilizzate per la produzione di occhiali. Per rendere tangibile la portata del problema, immaginiamo la lastra utilizzata per intagliare un singolo frontale: più del 60% del materiale impiegato diventa inesorabilmente scarto.

Cos’è l’acetato di cellulosa?

L’acetato di cellulosa è un polimero bio-based, preparato per la prima volta nel 1865 facendo reagire la cellulosa con l’anidride acetica. È ampiamente utilizzato negli accessori e nel design della moda sotto forma di lastre, pellicole o tessuti sintetici.

È considerato un evergreen per le montature: molti materiali diversi sono stati introdotti per creare nuove tendenze ed estetiche (legno e nylon per esempio) ma nulla sembra poter sostituire la bellezza senza tempo dell’acetato, data dall’illimitata varietà delle texture tridimensionali che può offrire, impossibili da riprodurre con i comuni materiali termoplastici.

Perchè serve un metodo di riciclo alternativo?

Ogni giorno vengono prodotti migliaia di occhiali in acetato e anche migliaia di kg di scarti. Per ridurre la quantità di scarti e poter riutilizzare parte del materiale, molti produttori recuperano gli scarti grossolani e li incollano per ottenere nuove lastre, mentre il resto degli scarti e fresature finisce in discarica.

Il principale metodo di riciclo industriale dell’acetato è il riciclo molecolare, operato da Eastman, che consiste nello scomporre i rifiuti di acetato in molecole primarie, che sono gli elementi principali per la produzione di anidride acetica. L’anidride acetica reagisce con la cellulosa per produrre acetato di cellulosa. Il risultato è un acetato di cellulosa composto per il 60% da materiale biologico e per il 40% da materiale riciclato.

La nostra soluzione: da scarto a filamento per stampa 3D

Ma come rendere il riciclo degli scarti di acetato un processo efficiente, minimizzando le emissioni di CO2 e aprendo la strada a nuove applicazioni per questo materiale riciclato? La risposta a entrambe le sfide si concretizza attraverso la tecnologia rivoluzionaria della stampa 3D.

Nonostante le potenzialità del materiale come polimero termoplastico, adatto al processo di estrusione grazie al suo buon indice di melt flow e alla temperatura di stampa simile al PETg (220-230°C), manca ancora sul mercato un filamento per stampa 3D in acetato di cellulosa.

In collaborazione con Techinit, abbiamo intrapreso un percorso di analisi approfondita del materiale. Il nostro obiettivo è stato progettare un processo ottimizzato per l’estrusione del filamento di acetato di cellulosa e successivamente valutare le sue prestazioni nel contesto della stampa 3D. Questa partnership non solo ha permesso di superare le sfide tecniche, ma ha anche aperto nuove prospettive per l’utilizzo di questo materiale riciclato in ambiti diversi, dimostrando che la stampa 3D è la chiave per sfruttare appieno il potenziale dell’acetato di cellulosa nel panorama della sostenibilità e dell’innovazione.

Un aspetto che migliora ulteriormente la sostenibilità del progetto è senz’altro la ridotta emissione di CO2 dell’intero processo di riciclo: il materiale viene raccolto nel distretto dell’occhialeria in Cadore e analizzato ed estruso a Padova, nella sede produttiva di Techinit; da qui viene poi spedito direttamente al consumatore finale – Made in Italy a km zero.

Scritto da: Leonardo Cavalluzzi

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